Carne di Cavallo nelle polpette Ikea, ritirate da 13 paesi

Carne di Cavallo nelle polpette Ikea, ritirate da 13 paesi

Carne di Cavallo nelle polpette Ikea, ritirate da 13 paesi

Le famose polpette del colosso Ikea sono state immediatamente ritirate da tredici paesi, compresa l’Italia. Gli ispettori governativi della Repubblica Ceca hanno trovato al loro interno carne di cavallo invece della carne di manzo e di maiale come dichiarato. Le polpettine venivano preparate in Svezia, sede principale del colosso e poi inviate in tutti i punti Ikea in giro per il mondo. Ikea Italia, in via del tutto precauzionale ha deciso di ritirare la vendita delle polpette in tutti i punti presenti nella penisola. A comunicarlo è lo stesso colosso svedese: “stiamo valutando con estrema attenzione i risultati del test condotti da parte delle autorità della Repubblica Ceca”. Renato Balduzzi, Ministro della Salute, con una nota a riguardo ha voluto tranquillizzare la popolazione italiana affermando che “al momento, non si riscontra alcun allarme per la salute”. “Ci aspettiamo risultati dei test nei prossimi giorni e saremo quindi in grado di dare maggiori informazioni in merito ed entro domani sera avremo i risultati dell’indagine”, a comunicarlo i carabinieri del Nas di Milano, che hanno prelevato un numero alto di campioni di polpette che il colosso Ikea vendeva nel suo ristoro.

La Coldiretti, ovvero la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, ha così reagito alla notizia delle tracce di carne di cavallo rinvenute nelle polpette del colosso svedese: “Ikea dovrebbe valutare l’opportunità di vendere in Italia polpette ottenute con carne Made in Italy anziché farle viaggiare per migliaia di chilometri in giro per l’Europa con un effetto inquinante per i trasporti e maggiori rischi di frodi dovute alle intermediazioni. Lo scandalo della carne di cavallo ha messo in evidenza l’esistenza di un giro vorticoso di partite di carne che si spostano da un capo all’altro dell’Europa attraverso intermediazioni poco trasparenti. Un meccanismo che per l’associazione rende difficile risalire all’origine delle contaminazioni sia per le multinazionali che per le piccole aziende, che dovrebbero invece valutare concretamente l’opportunità di risparmiare sui trasporti per acquistare prodotti locali che offrono maggiori garanzie di qualità e sicurezza alimentare”.

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