Tre anni senza Lucio Dalla nel ricordo della “sua” Bologna e dei fan

Tre anni senza Lucio Dalla nel ricordo della "sua" Bologna e dei fan

Manca poco al prossimo 4 marzo e la memoria va prepotente al 1 marzo di tre anni fa, quando Lucio Dalla ci ha lasciati; silenziosamente, pochi giorni prima del suo compleanno, il cantautore bolognese abbandonò la nostra dimensione dopo aver tenuto un ultimo concerto in Svizzera. Ma il suo ricordo è più forte che mai: tra pochi giorni la sua casa di via d’Azeglio, nel cuore di Bologna, verrà aperta al pubblico, diventerà ufficialmente la “Fondazione Lucio Dalla” e costituirà l’occasione per un omaggio collettivo da parte di amici e ammiratori. Proprio nei giorni scorsi, a suggello di questa rievocazione, è uscito nei cinema il documentario “Senza Lucio” diretto da Mario Sesti; in questi ultimi anni, infatti, non sono mancati i concerti, gli omaggi, i cd pubblicati e gli eventi mirati a ricordare un personaggio per molti versi straordinario. Con la sua morte è anche uscito fuori l’immenso amore che gli italiani provavano per Dalla, a riprova di quanto sia riuscito a lasciare un segno nel cuore di molti, non solo musicalmente e metricamente, sia chiaro, ma anche perchè, a differenza di molti colleghi, Lucio era un artista aperto alla sperimentazione e alle persone, animato da una grande curiosità. Era stato uno che aveva lottato per affermarsi, aveva combattuto sin dagli inizi contro i discografici che non lo ritenevano commerciabile e contro un pubblico che, inizialmente, non era ancora maturo per accettare la sua poetica, ma, anche quando era divenuto ricco e famoso, non aveva cambiato le sue abitudini e il suo stile di vita. Era così semplice che gli stessi ammiratori lo consideravano quasi uno di famiglia, non tanto come un cantante da idolatrare ma come un caro amico. E’ proprio per questo che, con la sua morte, ha lasciato improvvisamente un vuoto incolmabile che, forse, potrà essere riempito con il definitivo riconoscimento, da parte delle istituzioni, del valore della musica che ancora oggi viene chiamata, con una punta di snobismo, “popolare”.

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