Melania Rea, un’impronta insanguinata scagionerebbe Parolisi

Melania Rea, un'impronta insanguinata scagionerebbe Parolisi

Ci sarebbe una nuova perizia, presentata dalla difesa di Salvatore Parolisi, che potrebbe portare ad una revisione parziale del processo a carico dell’ex caporalmaggiore dell’esercito, condannato a 30 anni per l’omicidio della moglie Melania Rea, avvenuto il 18 aprile 2010 a Civitella del Tronto (Teramo). Si sta infatti cercando di ottenere la valutazione di un altro elemento di prova, che indicherebbe che sul luogo del delitto c’era un’altra persona, il vero assassino, e non assolutamente Parolisi. E’ un’impronta di scarpa insanguinata che fu isolata dagli investigatori sulla base del chiosco delle Casermette di Civitella del Tronto, nei pressi del quale fu ritrovato il cadavere di Melania Rea, uccisa con trentacinque coltellate. Parolisi ha sempre affermato che quell’impronta non è sua; la Corte d’appello dell’Aquila non ha mai ritenuto fondamentale questa traccia ai fini della decisione, partendo dal presupposto che non sarebbe individuabile il modello di scarpa indossato da Parolisi quel 18 aprile. Quell’impronta non è riconducibile nè alle calzature di Melania di quel giorno nè ad altri soggetti che transitarono successivamente sulla scena del delitto.

Secondo il difensore di Parolisi, Nicodemo Gentile, se si dovessero analizzare i risultati preliminari di una consulenza di parte, che prospetta trattarsi di un’impronta di piccole dimensioni non superiore al numero 40, allora Parolisi verrebbe immediatamente scagionato, visto che indossa il 43: “Questo dato aprirebbe a scenari diversi – sostiene Gentile – e confermerebbe inoltre le ragioni della difesa che ha chiesto alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza di secondo grado e affidare ad un nuovo giudice un’analisi tecnica approfondita sull’impronta”. Parolisi è stato condannato in appello a trent’anni per l’omicidio della moglie e in una lettera dal carcere al suo difensore ha espresso il rammarico che non si sappia di chi sia quell’impronta. Proprio per questo verrà chiesto ricorso in Cassazione.

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