La città di San Francisco potrebbe mettere al bando le sigarette elettroniche

La città di San Francisco potrebbe mettere al bando le sigarette elettroniche

Le sigarette elettroniche, pur essendo in commercio da circa quindici anni, si stanno diffondendo sempre più, in Italia e non solo. Nel nostro paese vengono commercializzate sia nei negozi fisici sia da rivenditori online autorizzati dai Monopoli di Stato, come ad esempio Vaporoso, presso i quali è possibile acquistare tutto l’occorrente per lo ‘svapo’: dispositivi elettronici per la nebulizzazione, liquidi per la vaporizzazione e non solo.

Più in generale, l’Italia è uno dei paesi europei che si è dimostrato più ‘ricettivo’ nei confronti delle e-cig, grazie ad una comunità della ‘svapo’ sempre più numerosa. Leggermente diversa, invece, la situazione negli Stati Uniti, dove le amministrazioni locali e l’organo predisposto alla tutela della salute dei prodotti alimentari (la FDA) stanno cercando di limitare e controllare l’utilizzo dei dispositivi per la nebulizzazione del tabacco.

Il ‘caso’ della città di San Francisco
Giovedì, 18 giugno, il Consiglio dei Supervisori della Città di San Francisco ha approvato, con voto unanime, una proposta formulata a marzo scorso, per interrompere la vendita di sigarette elettroniche all’interno del territorio cittadino. La proposta, prima di concretizzarsi, dovrà superare una seconda votazione: se anche questa si concluderà con esito positivo, servirà solo la firma del primo cittadino per ratificare il provvedimento. Una volta completato l’iter burocratico, serviranno sette mesi di tempo affinché venga interrotta la vendita di e-cig a San Francisco: la sospensione riguarderà tutti gli esercizi fisici della città, così come gli acquisti online destinati a indirizzi cittadini.

Come già sottolineato, la proposta non implica il divieto di vendere i dispositivi per la nebulizzazione del tabacco o i liquidi alla nicotina, ma porterebbe ad una semplice sospensione. Questo perché, in teoria, i produttori di articoli per il vaping dovrebbero inoltrare alla Food and Drug Administration una richiesta di approvazione dei prodotti, dal momento che non esiste ancora un protocollo di omologazione. Quindi, almeno in teoria, la sospensione dovrebbe durare fin tanto che la FDA non approvi un determinato prodotto; la misura, particolarmente severa, sarebbe rivolta a limitare la diffusione delle sigarette elettroniche presso un pubblico particolarmente giovane ma, in realtà, potrebbe colpire soprattutto le aziende che producono e-cig (e a San Francisco ha sede la Juul Labs, una delle aziende leader nel settore). La comunità dello svapo, infatti, ha sottolineato come lo stesso giro di vite non sia stato imposto sulle tradizionali sigarette da combustione.

Le reazioni dei venditori e non solo
La prospettiva che la vendita di sigarette elettroniche possa essere sospesa per un lasso di tempo non meglio definito (il termine ultimo per richiedere l’approvazione dei prodotti è al 2021) ha, ovviamente, generato la reazione non solo della comunità dello svapo ma anche di tutta la rete di piccoli e grandi distributori.

Non hanno la benché minima idea di quale impatto avrà questa decisione sui piccoli imprenditori e sui lavoratori” ha dichiarato alla CBS il presidente della Camera di Commercio ispanica di San Francisco Carlos Solorzano. In aggiunta, anche la Juul Labs sembra intenzionata a passare al contrattacco, raccogliendo firme per una proposta di legge che annulli un eventuale divieto di vendita delle sigarette elettroniche; il colosso delle e-cig, però, potrebbe presto essere colpito in maniera più diretta dal momento che i legislatori stanno vagliando un’altra proposta, che vieterebbe persino la produzione di sigarette elettroniche all’interno del territorio cittadino.

Se anche tale proposta dovesse riscuotere consenso ed essere approvata, per la Juul Labs si tratterebbe – di fatti – di un duro colpo, dal momento che la sede principale dell’azienda si trova proprio ad un indirizzo di San Francisco (benché il marchio abbia ormai una diffusione di carattere globale). A parziale consolazione, la misura non avrebbe valore retroattivo: la sede resterebbe in città ma il divieto di produzione metterebbe a rischio centinaia di posti di lavoro.

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