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Riccardo III: il Dna risolve il caso dopo cinquecento anni

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Filippo Mammì

Sono passati cinquecento anni e solo il Dna ha potuto finalmente risolvere un enigma che altrimenti avrebbe impegnato gli studiosi per molti anni ancora: lo scheletro rinvenuto nel 2012 in un parcheggio di Leicester, Inghilterra, appartiene effettivamente al mitico Riccardo III, duca di York e ultimo re inglese della dinastia dei Plantageneti. I ricercatori hanno confermato che quelle ossa, grazie all’analisi delle sequenze genetiche, sono sue al 99,9999 %, smentendo molti dubbi sollevati nei mesi scorsi da diversi studiosi. Le analisi del Dna sono avvenute all’università della stessa città di Leicester, che è riuscita inoltre a raggiungere un primato, quello di aver risolto il più vecchio caso di identificazione di un individuo. Si apre quindi uno spiraglio di luce che permetterà di illuminare ulteriormente le zone d’ombra presunte di quello che viene considerato dalla vulgata come un malvagio sovrano, consegnato all’immortalità in queste vesti dagli scritti di Tommaso Moro e, soprattutto, dall’omonima tragedia di William Shakespeare, che lo volevano deforme, frustrato ed epicamente propenso alla brama di potere (gli fu attribuita la celebre frase “Il mio regno per un cavallo!”, pronunciata durante la sua ultima battaglia a Bosworth Field, nel 1485). Il test del Dna ha anche permesso di smentire una volta per tutte le voci sulla sua deformità ed anche un caso di falsa paternità nei suoi discendenti, che metterebbe in dubbio persino la Storia ufficiale riguardo all’ascesa sul trono inglese della dinastia Tudor. Per confermare che le ossa fossero proprio quelle del sovrano, i ricercatori Turi King e Kevin Schu hanno effettuato analisi integrative dei dati genetici e genealogici, trovando un allineamento pressoché perfetto tra il Dna, trasmesso solo per linea materna (mitocondriale,) dei resti di Riccardo III e quello di alcuni discendenti ancora in vita. Questo ha permesso di scoprire una falsa paternità, che mette in dubbio la legittimità dei Tudor al trono. Ma l’analisi ha permesso di smentire la bruttezza del sovrano, confermando che il suo aspetto era come quello dei primi ritratti che ci sono pervenuti, che ritraggono un bel giovane con occhi azzurri e capelli biondi.

Filippo Mammì

Sono giornalista professionista da due anni, ho 35 anni e sono di Reggio Calabria. Dopo un diploma in maturità classica e una laurea presso il DAMS dell'Unical (Università della Calabria) ho passato quasi dieci anni della mia vita a Roma, lavorando prima nel mondo del cinema (mansioni varie, niente di che!); in seguito, mi sono avvicinato al giornalismo (mia seconda passione dopo il cinema) frequentando il master di primo livello di Giornalismo presso la Lumsa, abilitativo all'esame da professionista presso l'ODG. Possiedo un blog su un sito locale e collaboro, oltre che con Cataniavera.it e Newspage.it, anche con Litalianews.it

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